Il direttore musicale Stefano Brondi presenta Spring Awakening

Ha iniziato con successo la sua avventura nei teatri italiani Spring Awakening, musical basato sul famoso “Risveglio di Primavera” di Frank Wedekind. Lo spettacolo, novità assoluta di questa stagione 2013/ 2014, sarà in scena fino alla primavera del prossimo anno, con tante sorprese e novità. Tra i protagonisti di questo successo c’è il direttore musicale Stefano Brondi, che qui ci parla più da vicino della componente musicale di Spring Awakening.

[Per gentile concessione dell’Ufficio Stampa Synpress44]

Stefano BrondiSpring Awakening si presenta subito come un’opera originale e anticonformista: che cosa ti ha colpito maggiormente delle musiche di Duncan Sheik?
Non sono tanto le musiche ad avermi colpito, evoluzione naturale dei suoi esordi negli anni ’90 (Barely Breathing nel 1996 è stata praticamente una hit onnipresente nelle radio americane), quanto il loro inserimento all’interno di una prosa complicata e soprattutto assolutamente inconciliabile, almeno nelle premesse stilistiche, con l’epoca storica di cui tratta. Solo entrando nello specifico della produzione si capisce come quello che a molti è sembrato un azzardo, nato come scommessa dal rifiuto di Sheik di scrivere un Musical propriamente detto per non tradire la sua storia musicale, sia in realtà la chiave vincente che apre allo spettatore due piani di visione paralleli: l’estremo (come superlativo di esterno) freddo e censurato delle regole di una società fortemente conservatrice, e l’intimo (come superlativo di interno) della psiche dei ragazzi, totalmente in disaccordo e precursore di un sentire che vedrà la luce solo molti anni più tardi.

La versione italiana di Spring ha le sue peculiarità nella struttura e nel cast: per le musiche hai aderito in toto alle originali o ti sei preso delle libertà?
L’idea principale sulla quale abbiamo costruito questa avventura è sempre stata caratterizzata da una forte adesione all’originale, al limite del didascalico, anche solo per una questione di rispetto: in questo mondo “Americans do it better”, e chiudiamo là il discorso. Ciò nonostante, quando musicalmente sono state chiamate in causa sonorità e qualità artistiche che hanno la loro culla musicale nel nostro paese, mi è sembrato giusto porle in evidenza anche forzando, se necessario, alcuni aspetti come la scelta di tenere gli archi in evidenza nel sound design creato in coppia con l’eccezionale Simone Lazzarini di Amandla, e alcune decisioni legate al movimento musicale nei brani più “emozionali”.

Un elemento chiave dell’opera è l’unione di linguaggi classici con moduli rock: in che modo hai interpretato questa caratteristica?
L’ho interpretata prendendomi un rischio: accentuare, o in certi casi crearla in toto, un’agogica (il moto musicale portato avanti dalla bacchetta del direttore d’orchestra che determina frequenti cambi di tempo) più vicina al mondo classico, in particolare nei brani dove è l’emozione a portare avanti la musica e non l’imperativo metronomico. Una difficoltà ulteriore è stata conciliare il tutto con i video che campeggiano nella scena, a loro volta predeterminati nella durata.

C’è chi parla di musical tout court, chi di opera rock, chi trova difficile definire e inquadrare Spring: tu che idea ti sei fatto?
Le definizioni stanno strette a qualsiasi opera, se la si conosce nel profondo. Sto tentando di rispondere a questo e molti altri quesiti compilando il programma di studi del prossimo anno alla SDM di Milano per i miei corsi di Storia del Musical, e so per certo che una definizione ragionata potremo darla solo a posteriori, quando la polvere si sarà posata da tempo su questo titolo.
Gli stessi storici di Broadway faticano a trovare una collocazione per Spring, così come negli anni ’70 per le Opere Rock che debuttavano nei teatri o negli anni ’80 quando videro la luce i POPsicals come Cats o Les Miz. Si tratta di un poligenere vivo, che è capace di leggere la musica del suo tempo e non chiudersi di fronte a nessuna novità. Credo che tra qualche anno salterà fuori una categoria per spettacoli come questo, che hanno il piano narrativo e quello cantato in parallelo senza mai incontrarsi. Per adesso, e fin quando è possibile, consiglio di godersi semplicemente l’energia di uno spettacolo che ha decisamente smosso le acque, e sta svolgendo questo compito proprio adesso anche qui in Italia.

Spring gode di una rock band dal vivo, a differenza dei musical che usano basi registrate: che opportunità offre questa presenza?
L’opportunità di respirare musicalmente l’opera e godere di uno spettacolo nuovo ogni sera. Pensateci: i cantanti adesso sanno di avere non basi meccaniche ma persone vive che viaggiano battuta per battuta a fianco a loro, che si emozionano se loro cantano una frase nel pieno delle loro sensazioni, e che sanno stupire con dettagli sonori sempre più vividi approfondendo la conoscenza dell’opera replica dopo replica.
Tutto ciò produce un’energia potentissima per la quale mi sono battuto a tutti i livelli: alla produzione ho chiesto di non ridurre il numero dei musicisti e di poter dirigere personalmente le repliche; agli attori ho richiesto la lettura degli spartiti, l’unica chiave di raccordo e dialogo tra loro e chi crea la musica; con i musicisti mi sono soffermato su ogni battuta dei brani, spiegando loro tutti i termini di uso corrente nella “musica da teatro” che generalmente loro non incontrano avendo un background (magnifico, aggiungerei) di musicisti “puri”; con i tecnici audio ho collaborato per disegnare ogni brano ed ogni intersezione musicale in linea con la storia che, insieme al nostro regista Emanuele Gamba, stiamo raccontando. Se quello che percepite è ben fatto, è anche frutto di questi e di altri innumerevoli particolari che costellano la storia produttiva di quest’opera, nella quale crediamo veramente al di là di ogni retorica.

Stefano Brondi - Contorno -  GambaGli argomenti, le caratteristiche, il rapporto con la musica: Spring è un lavoro sui generis. A tuo avviso quali sono i maggiori elementi di originalità di questo spettacolo?
La funzione drammaturgica nuova delle musiche in quest’opera, la lettura senza tempo dei rapporti tra le generazioni, e la sana voglia di mostrare al pubblico le cose come sono, senza alcuna edulcorazione. Questi sono i suoi punti di forza, soprattutto in questo tempo storico dove la gente ha un bisogno sano di verità, anche se può far male. Spring Awakening è in grado di esorcizzare chiunque ne abbia bisogno, e abbia il coraggio del cambiamento, semplicemente dicendo “Touch me… all is forgiven”.

Spring è un’opera coraggiosa: è una scelta coraggiosa anche il portarla sui palchi italiani o pensi che il nostro pubblico sia pronto?
Spring è un’opera coraggiosa negli Stati Uniti, in Italia è semplicemente folle. In un paese dove generalmente non si ha il coraggio di dire niente che infranga un sistema fermo a non so più quali anni, arriva una compagnia sconosciuta, con un titolo impronunciabile, nessun “nome” mediatico propriamente detto e argomenti che farebbero saltare sulla sedia qualunque benpensante. Il tutto condito con una musica rock a livelli acustici non proprio teatrali. Spring è un’opera di coraggio, il coraggio della produzione di Pietro Contorno che si è avvalso di professionisti coraggiosi come me e tutti i miei colleghi, ha cercato in giro attori giovani e coraggiosi, e ha potuto contare sull’appoggio di gestori teatrali coraggiosi come Alessandro Longobardi del Brancaccio di Roma, dove lavoro come Direttore Musicale anche e soprattutto grazie al lavoro fatto su questo titolo.

Che tipo di ascoltatori immagini per Spring?
Chiunque può rispecchiarsi ed immergersi nel “bagno di realtà” che quest’opera ti offre. Io direi solo: dateci l’occasione di stupirvi, e di raccontarvi che il teatro musicale non è stantio e ammuffito, ma vivo e roboante come non mai. Spring is coming. It’s up to you.

Sito web del musical: www.springawakening.it

 

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Fondatrice del blog di teatro "Vista Sul Palco". È laureata con Lode in Musicologia (Università degli Studi di Pavia) con specializzazione in teatro musicale contemporaneo (titolo della tesi: Jesus Christ Superstar: genesi, critiche e analisi dell'Opera Rock), ha conseguito un Master in Marketing per le Imprese di Arte e Spettacolo presso l'Università Cattolica di Brescia. È redattrice per testate di cultura e spettacolo e ha collaborato con alcune realtà teatrali cittadine per la comunicazione e la promozione di eventi: tra queste Teatro PalaBrescia (poi PalaBanco di Brescia e ora GranTeatro Morato) e Residenza Idra (Spazio TeatroIdra). Ha scritto per testate giornalistiche del settore economico-culturale, occupandosi prevalentemente di arte. Da anni si occupa di Comunicazione e Marketing svolgendo attività di Ufficio Stampa, Digital PR, Web Marketing e Social Networking, Community Manager per aziende di vari settori (Food, Fashon, Tourism and Hospitality, Health and Beauty). Ha insegnato Educazione Musicale in strutture per l'infanzia ed è insegnante in scuole secondarie di primo grado. Il teatro è la sua linfa vitale! ★ Sito web personale (attività e servizi offerti): www.luanasavastano.com

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