Recensione a cura di Ugo Di Tullio
“Ne ho visti tanti spettacoli belli, ma mai uno così!”, citando l’intercalare di Curzio Malaparte, inizio dalla fine.
Ma facciamo alcuni passi indietro. Entro al Teatro del Maggio dell’Opera di Firenze, pubblico numeroso, grande curiosità. Nella parte alta a centro destra della platea, troneggia carismatica la Signora Katina Ranieri, mi avvicino ad ella, la saluto e cominciamo a precorrere la storia del cinema mondiale attraverso le musiche del Maestro Riz Ortolani, le faccio dono del mio libro “Da Cassino ad Hollywood”, si spengono le luci, comincia “La congiura”.
La magia prende forma e cresce incessante tramite le note di Ortolani, nulla di ciò che vedo e sento si ripete mai, è tutto un susseguirsi di trovate, atmosfere, sospensioni, suggestioni, qualcosa di più di uno spettacolo teatrale, è un quadro, un libro, un film, anzi di più, sono sogni che vedo materializzarsi.
Tutto scorre fluido e limpido, quando arriva il momento della romanza “Amo il mio odio” interpretata da Sandro Querci (anche Regista dell’Opera), lo spettacolo subisce una sterzata di una violenza paurosa, necessaria, indispensabile e l’interpretazione è semplicemente irripetibile da alcun performer sia nel panorama nazionale che internazionale e allora capendo il Francesco de’ Pazzi tormentato del Querci, tiro pure le somme del giudizio sulla regia; ma attendo, siamo solo all’inizio.
Subito dopo il carnasciale fiorentino denso di colori unici che culmina con la canzone “Amante mia”, apprendo ode del Maestro Ortolani a Firenze, che lascia tutti senza fiato per la bellezza dell’armonia e che Luca Maggiore (Lorenzo de’ Medici) esegue egregiamente.
Sia arriva a fine atto tra le burle e le tenerezze di una strepitosa Silvia Querci nei panni di Cencia, e appunto il finale di primo atto è di una poesia debordante con una nevicata che bagna i protagonisti e di lacrime gli spettatori.
Alla fine del primo tempo, vado in rete e cerco le note di Regia di Querci e leggo l’oggetto: poesia evocativa; allora tiro ancora altre somme sul regista, ma attendo ancora, siamo a metà.
Inizia il secondo atto o tempo, fate voi, e quando credi di aver visto e sentito tutto, ti accorgi che il bello deve ancora venire: scenografia che staglia una passerella sulla quale Francesco de’ Pazzi fa un numero da brividi e sulla quale il bravo Ruiz si prodiga in uno scioglilingua che avremmo voluto comprendere al meglio (dato qualche problema di audio), stornelli fiorentini che ignoravo avesse scritto il Maestro ma che sono diventati patrimonio popolare, un’altalena che compare dal nulla, coreografie che crescono per dinamicità ed abilità, e poi di nuovo nuovi colori, suoni, magie, direi sortilegi a rapire lo spettatore.
Si giunge al finale, una composizione di Ortolani che avevo già avuto il piacere di ascoltare durante un concerto in Santa Croce di qualche anno fa, un inno al commiato, alla rinascita e alla vita insieme, un crescendo di pathos straordinario che la regia sottolinea con l’impiccagione del protagonista che lascia lo spettatore senza fiato, una favolosa trovata inaspettata che incastona il diamante dello spettacolo nel telaio che merita.
Adesso però è arrivato il tempo di tirare le famose somme.
Mi viene da pensare:- perché il “Fantasma dell’opera” o “Cats” stanno in scena ininterrottamente da oltre 20 anni ed un Opera Musical come questa in Italia la vediamo a singhiozzo? La risposta ce l’ho ma non è questa la sede e vado oltre.
Già, le somme.
E’ sin troppo chiaro che siamo di fronte all’eccellenza del teatro musicale in tutti i suoi aspetti. In primis le musiche di Riz Ortolani per le quali non ho aggettivi ma solo estasi e rapimento, musicista globale capace in tutti i generi. E poi la regia. Ecco, appunto. Siamo chiaramente davanti ad uno di quei registi, artisti che nasce una volta ogni 100 anni. Atmosfere e poetica viste solo in Strehler, fantasia, immaginario, realismo pari a Mikhalkov, e poi la potenza ed il carisma nelle discipline del canto e della recitazione fanno di Querci senza dubbio alcuno il più grande artista italiano in circolazione.
Giù il cappello alle coreografie di Fabrizio Angelini magistralmente eseguite da un corpo di ballo di rara omogeneità, vorrei citare tutti i danzatori ma me ne manca lo spazio.
Buona la prova di Francesca Colapietro nelle vesti di Fioretta, la coppia con Luca Giacomelli Ferrarini funziona. Ottima la prova di Fabrizio Checcacci, un fratacchione che ha il compito di equilibrare commedia e tragedia. Un plauso anche a Gabriele De Guglielmo, Marcopaolo Tucci, Elena Talenti, Serena Carradori.
Pubblico in piedi, io con loro. La Signora Ranieri sorride soddisfatta, la saluto con un “arrivederci” di nuovo in Teatro, “La congiura” merita di girare il Mondo.
a cura di Ugo Di Tullio
UNIVERSITÀ DI PISA
Docente di Organizzazione e Legislazione
dello Spettacolo Teatrale e Cinematografico
ITALY FILM INVESTMENTS
LA CONGIURA, FIRENZE 1478
Teatro dell’Opera di Firenze 10-11-12-13 Giugno
Di Riz Ortolani
Libretto Ugo Chiti
Regia e Direzione Artistica Sandro Querci